giovedì 30 giugno 2011

Los Angeles, tre giorni sul set

Eccoci arrivati finalmente ed un pò a malincuore all'ultima tappa del nostro viaggio: Los Angeles.
Arriviamo in tarda mattinata con un tappone da Las Vegas, 459 Km con solo una sosta pipì, tutta una tirata per avere più tempo a disposizione in loco.
Devo dire che ero molto prevenuto: chi ci era già stato mi parlava di una città caotica, sporca, piena di delinquenza e invivibile.
Le mie impressioni nei tre giorni trascorsi a LA non sono totalmente in accordo con i pregiudizi iniziali...
Ovviamente Los Angeles è immensa, probabilmente per estensione è la più grande città degli States, e ciò comporta che al suo interno vi siano tante realtà, dai quartieri un po' così alle zone più residenziali con tutti i pro ed i contro annessi, ma nulla di sconvolgente.
Il nostro albergo era in zona molto carina, praticamente nel campus della UCLA, situato nel quartiere di Westwood, tra Beverly Hills e Santa Monica (e sticazzi vorrete dire) quindi la percezione che la città ci ha trasmesso è stata più che ottima, sicuramente dopata dalla qualità della vita dei quartieri che abbiamo visitato.
La sensazione nel girare nella parte ovest della città è di trovarso all'interno di uno tanti film/telefilm con cui siamo cresciuti: il deja-vù è in agguato ad ogni angolo.
Sobrietà architettonica lungo oceanview

gli americani hanno le infrastruttre pubbliche dedicate al "pinconeddu"


Tolte le zone di Bel Air, Beverly Hills e le cittadine di Malibu e Santa Monica (praticamente fa parte dell'area urbana di LA) dove OVVIAMENTE chi ci abita sta sicuramente più che bene, il resto della città trasmette comunque serenità, la gente si tiene in forma, si nota subito una percentuale di americani oltre la soglia di obesità ben più bassa delle altre zone.
Ovunque è tutto un movimento di persone di ogni età che corre, passeggia, monopattina e pattina e non è improbabile vedere qualche cinquantenne sullo skateboard andare a lavoro con la ventiquattrore, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Una differenza che si nota subito avendo già visitato le altre città americane sia ad est che ad ovest è il traffico.
I mezzi pubblici sono indubbiamente scarsi, la città enorme e la gente si sposta totalmente in macchina, creando nelle ore di punta code degne della tangenziale est nelle ore migliori.
A parte ciò LA è sicuramente un posto vivibilissimo e piacevole, sia per le temperature, calde ma mitigate dalla brezza proveniente dall'oceano, sia per l'atmosfera informale e dinamica che si respira ovunque.
Il molo di Santa Monica

Ocean dr. con una fichissima rockstar

Beverly Hills

Rodeo Dr. non è un granchè, tutto finto

Beverly Hills

lunedì 27 giugno 2011

Las Vegas e dintorni parte 2

Prima di arrivare a Los Angeles abbiamo bisogno di una tappa intermedia, fare 1000 Km circa in un giorno mi sembra eccessivo, così ci rifermiamo nella città del peccato per un'altra notte.
Questa volta non pernottiamo nel pacchiano Flamingo ma nel più "sobrio" (sobrio è un aggettivo che parlando di Vegas non andrebbe mai usato) MGM Grand, anch'esso situato sulla strip, esattamente nella parte iniziale fra il Luxor e il Mirage con di fronte il NewYork NewYork.
L'impressione della nostra prima sosta è confermata: questa città è un enorme circo, almeno nella parte dove sono situati i casinò ed i locali. La concentrazione di tamarri è altissima, e per uno che era convinto che al casinò si vada vestiti in un certo modo (in Italia senza cravatta ai tavoli non entri) trovarsi circondato da gente scalza e a petto nudo o ciccione in striminziti bikini è quantomeno alienante.
Tante anche le persone travestite nei modi più strani... Vabbè lasciamo perdere!


Questa volta siamo finiti ad un piano alto (27) che ci regala una bella vista sulla strip e sul deserto circostante.

domenica 26 giugno 2011

Grand Canyon e Route 66

L'ultima tappa "selvaggia" del nostro roadtrip parte da Page e arriva a Williams (AZ) cittadina sulla storica route 66. La vera meta è stata il parco nazionale del Grand Canyon. Questa enorme spaccatura si estende per una vastissima area e noi abbiamo visitato quella a sud. La visione sul canyon e sul fiume Colorado che lo attraversa è mozzafiato e provare a descriverla è sminuente, quindi lascio il compito a qualche foto:






Dopo la visita al canyon siamo arrivati al Williams verso il primo pomeriggio: qui stremati abbiamo mangiato la pizza più grande mai vista fino ad oggi (sicuramente anche la più condita), devo dire contro tutti i miei pregiudizi culinari di averla trovata pure buona!
Domani si torna verso le città, lasciamo questi grandissimi spazi che sarà difficile dimenticare e dirigiamoci verso le prossime mete: Las Vegas (seconda parte) e finalmente Los Angeles.

sabato 25 giugno 2011

Verso la Monument Valley

Eccomi di nuovo qui: dopo il breve soggiorno nella sperduta Moab, puntiamo il muso della macchina verso sud e ci incamminiamo verso la nuova meta: la Monument Valley. Il viaggio da Moab è bello tosto, circa una 500ina di km, ma non ci demoralizziamo ed abbandoniamo così lo Utah per varcare il confine dell'Arizona. L'Arizona deve essere proprio un postaccio per vivere... 40° all'ombra, un  vento bollente e distese di nulla che si estendono a perdita d'occhio senza neppure un albero o una pianta che non sia un cespuglio rinsecchito.
Lungo la strada troviamo qualche villaggio di poche anime, perlopiù abitati da indiani nativi in queste zone, ma quasi esclusivamente fatti da roulotte e case mobili, o qualche capanna adibita a discarica dove abita la gente. Anche questa è l'america, sarebbe sciocco pensare di essere soltanto nella terra dei sogni.

che altro aggiungere?
Dopo ore e ore di viaggio a velocità lumacosferiche ecco profilarsi all'orizzonta qualche sagoma conosciuta: abbiamo finalmente imboccato la Highway 163, scenario di millemila film, che ci conduce dritta dritta verso gli imponenti pinnacoli rocciosi.
Il parco fa parte del territorio della nazione Navajo, ed è sotto la gestione dei nativi. Sono infatti nativi quelli che ci lavorano, ma a parte loro le interazioni con gli "indiani" sono pochissime, in quanto molto schivi e riservati. Si percepisce che la cicatrice ancora non è guarita e che la discriminazione e lo sterminio (perchè che agli americani piaccia o no, di sterminio si tratta) subito durante la colonizzazione, siano ancora causa di risentimento. Ho addirittura scoperto che in stati come il Montana è tuttora legale sparare ad un gruppo di "indiani" se  questi sono più di 7, in quanto si configurano come "raid di guerra"...
Lascio agli altri le riflessioni e mi godo la vista di questo immenso monumento, che resiste in queste terre aride e ventose da chissà quanto e che sopravviverà sicuramente anche alla nostra civiltà.

qui Forrest Gump ha deciso di smettere di correre!

la 163 diretta verso il parco

per fortuna che ho portato il cavalletto!






































La nostra tappa arriva fino alla cittadina di Page, ai piedi del lago Powell, pare notissima località balneare americana: devo dire che non dispiace neanche a me. Se non ci fossero quei 40° e quel vento fortissimo mi sarei messo a prendere un po' di sole e fare un tuffo. Vi lascio con una foto del lago, noi partiamo per il Grand Canyon.
La spiaggia del lago Powell

venerdì 24 giugno 2011

2 giorni a Moab: Arches national park e Canyonlands

all'ingresso di Arches
Anche i viaggiatori più selvativi hanno bisogno di riposarsi, così passeremo due giorni a Moab, località turistica del selvaggio west, già teatro di diversi film western.
La meta ci ha permesso di visitare due bellissimi parchi nazionali: Arches e Canyonland.
Arrivare a Moab non è stata una passeggiata, in quanto ci è costata quasi una giornata intera di viaggio, un viaggio interminabile attraverso bellissime gole e canyon, con un tratto lungo 120 miglia senza nessun segno di vita civile lungo la strada.
Il nostro motel questa volta è un agglomerato di casette di legno, spartano ma con tanto di wifi pubblico,  vicino a supermercati e ristoranti.
Ma parliamo dei parchi: il primo giorno abbiamo visitato Arches National Park, una grande distesa di pinnacoli di arenaria che millenni di erosione hanno trasformato in sculture a forma d'arco.
















Il secondo giorno la nostra meta è stata il parco di Canyonlands, un sentiero che permette di affacciarsi sui canyon dove il Green river si immette nel fiume Colorado. Certo che, per chi come me ha qualche problema con le altezze, affacciarsi da alcuni punti del parco è un'esperienza traumatica ma molto bella...
La porzione di parco visitabile in auto non è grandissima ma l'area del parco è immensa. Camminando a piedi nei sentieri è curioso il rosso delle rocce e della terra ed il contrasto con le piante che ci crescono.
Mesa verde arch

ovviamente ad una certa distanza dal bordo

il "letto" del fiume

giovedì 23 giugno 2011

Fuga da Las Vegas: attraverso Zion e Bryce fino a Tropic (Utah)

Fuggiamo prestissimo dalla capitale del Nevada per dirigere la nostra scintillante malibu verso i parchi dello Utah: Zion e Bryce Canyon.
Il parco di Zion è in una gola fra due immensi costoni di rocce, in mezzo a cui serpeggia il fiume Virgin. Attraverso le stradine che salgono sempre più in alto e dopo aver passato un tunnel dentro la montagna lungo 1,6 miglia si percorre tutto il parco, attraverso paesaggi come questi:
Zion

Zion

Bisonti pascolanti?
Usciti dal parco prendiamo una strada lunghissima che ci porta indietro nel tempo all'epoca dei cowboys e delle signorine con le lunghe sottovesti che sbattono le padelle per chiamare i figli a tavola... Attraversiamo grandi praterie con fattorie e ranch, vediamo bisonti e cavalli al pascolo e ci imbattiamo in villaggi semi abbandonati abitati da poche anime, fino ad arrivare al parco nazionale del Bryce Canyon.
Il parco inizialmente non svela tutta la sua bellezza apparendo come una distesa di pini abitati da diversi animali (noi ci siamo imbattuti in cervi e scoiattoli, cerchiamo con ansia qualche orso).
cavallo da guardia allo sfasciacarrozze
La vera sorpresa la si ha addentrandosi i vari sentieri segnalati man mano, che offrono delle viste mozzafiato sul canyon, viste come queste:





anche lui guarda...

Dopo tanto spettacolo raggiungiamo Tropic, passando per la fantomatica Panguitch tanto amata da Ilaria e Alessandro, e ce ne andiamo a dormire!

martedì 21 giugno 2011

Dalla Death Valley a Las Vegas

highway to hell nel vero senso della parola
Ci siamo lasciati dalla visione "country" dalla finestra della nostra camera a Lone Pine: purtroppo ieri non avevo connessione disponibile e ho dovuto posticipare l'aggiornamento ad oggi.
Partiti da Lone Pine al primissimo mattino, ci siamo diretti verso il Parco nazionale della Death Valley: non che abbia mai avuto dubbi sul perchè un posto simile possa chiamarsi valle della morte, ma vi garantisco che è veramente infernale... Sole a picco fortissimo e temperatura da forno, vegetazione quasi totalmente inesistente ed una strana sensazione causata molto probabilmente dalla particolare pressione: gran parte del territorio del parco è infatti una depressione sotto il livello del mare.


vista da Dante's View
La temperatura può arrivare ai 45° e non ci sono pompe di benzina nel raggio di 200km... Ah dimenticavo i telefonini non prendono! Per questo prima dellla traversata è indispensabile rifornirsi di acqua e benzina, l'ipotesi di rimanere fermi in mezzo alla Death Valley non è auspicabile!
Le tappe obbligate quando si va a vedere la valle della morte sono sicuramente (in ordine di apparizione arrivando da Furnace Creek):
- le dune, tanta sabbia che sembra messa lì in mezzo a quell'inferno per caso;
- Badwater, un grande lago salato che coincide col più più in basso rispetto il livello del mare (282 piedi, a voi la conversione che sono stanco);
- Dante's view: una promontorio a picco sulla vallata dove si trova Badwater, che permette una vista spettacolare su quello che era prima il fondo del mare:
- Zabriskie Point, ovvero uno dei migliori punti d'osservazione della vallata, da cui è possibile l'azione erosiva sulle rocce e le strane ed affascinanti trame create nel tempo.

l'asinello è molto atratto, ma Sabrina ha paura!
Uscendo dalla Valle, la prima cosa che si percepisce è l'aumentare di verde, per quanto questo sia costituito da cactus, le piante rendono più piacevole il paesaggio circostante. Abbandoniamo finalmente la California per entrare nel Nevada: a un'ora di macchina dall'uscita del parco si iniziano ad intravere le cime del Red Rock Canyon, bellissima zona in cui abbiamo incontrato dei curiosissimi asinelli selvatici.
Subito dopo il canyon rosso, vediamo all'orizzonte svettare dei grattacieli dalle sagome inconfondibili: siamo arrivati a Las Vegas. Su questo posto non mi dilungherò tanto, non mi ha fatto impazzire. Mi è sembrato un immenso parco giochi/circo dove tutto è permesso, pieno di gente in ciabatte che si sposta avanti e indietro la cosidetta "strip". Tutto è pacchiano, esagerato, grottesco e teatrale. Mi riservo di commentare meglio la città del peccato la settimana prossima, quando ci trascorreremo un'altra notte al rientro dalla Monument Valley. Per ora accontentatevi di qualche scatto:
Sobrietà nella hall del Caesar's Palace

la Manhattan posticcia era carina però

dispensatori automatici di cul-tura

il fantomatico Bellagio

domenica 19 giugno 2011

Da Yosemite fino alla ridente Lone Pine

Ieri non avevamo connessione in albergo, quindi devo aggiornare oggi per due giorni. Poco male perchè la tappa da San Francisco all'inizio di Yosemite è stato più che altro un trasferimento "tecnico", senza particolari problemi.
Dopo un tratto di freeway da San Francisco a Modesto, abbiamo abbandonato la "civiltà" iniziando a percorrere le varie interstate fino a Mariposa e ad El Portal, dove abbiamo soggiornato. Il nostro rifugio è stato il Cedar Lodge, un resort ai piedi del parco molto carino ed attrezzato.
Dopo una colazione americana siamo partiti prestissimo per Yosemite, dove una volta accolti dal ranger abbiamo iniziato il nostro giro. Non ci sono parole per descrivere la bellezza del posto, lascio il compito alle immagini.
Yosemite Park
La cascata del Velo da Sposa
Yosemite Falls

Sabrina all'inizio di Wanona Tunnel
Le cascate alte quasi 500 metri e le sequoie giganti rendono lo scenario così selvaggio da togliere il fiato, il paesaggio e vario e salendo man mano i torrenti e le sequoie lasciano spazio a boschi innevati, fino a raggiungere quota 3000 metri e arrivare ai piedi del ghiacciaio. La temperatura è bella fresca e fare una bella passeggiata a piedi nudi nel torrente è un'esperienza mistica, sicuramente glaciale ma anche molto molto divertente.
Una volta scesi, in maniera anche piuttosto ripida, la temperatura ed il paesaggi diventano improvvisamente aridi e desertici, e la vegetazione lussureggiante di qualche miglio prima sembra appartenere ad un'altro pianeta...

Lago Glaciale

Giusto giusto qualche cm di neve

Mi propongo come testimonial?
La tappa si conclude oggi a Lone Pine, paesino di frontiera di un migliaio di anime (ne abbiamo attraversati anche di poche centinaia), dove sembra di essere tornati all'epoca di indiani e cowboys, e per salutarvi tutti vi lascio con la foto di quello che vedo dalla finestra della camera dove seduto ora al pc.